Fra il 1988 e il 1989, in soli cinque mesi il Bolso vinse quattro trofei internazionali.
Il 1988 fu una stagione che mise particolare pressione sul Nacional. I rivali del Peñarol avevano appena vinto la loro quinta Libertadores staccandolo in questa particolare classifica in cui figurava con soli 2 successi ed erano anche stati gli ultimi a vincere il campionato prima di un quinquennio caratterizzato da trionfi per lo più inediti rimasto unico nella storia che si sarebbe concluso nel ’91. Tornare a vincere risultava quindi obbligatorio.
La Libertadores ’88 risultava rinnovata nel formato anche attraverso alcuni stratagemmi regolamentari. In base proprio a uno di questi, l’Albo ritrovò in finale il Newell’s Old Boys nonostante l’avesse già eliminato ai quarti… ma gli argentini avevano potuto proseguire la campagna in quanto migliori degli sconfitti in quel turno. La doppia decisiva sfida vide un successo a testa e il ritorno al Centenario andò ai supplementari. Nel complesso, gli uruguaiani diretti da Roberto Fleitas tra fase a gruppi (che chiusero secondi) e poi a eliminazione diretta giocarono 14 partite di cui 6 vinte, altre 6 pareggiate e solo 2 perse con un saldo reti di +5.
Campione del Sud America, acquisì il diritto a disputare la Coppa Intercontinentale che allora era prevista su gara secca a Tokio e sarebbe andata in scena appena un mese e mezzo dopo l’ultimo trionfo sudamericano. Avversari gli olandesi del PSV Eindhoven, che venivano da un successo sudatissimo in Coppa dei Campioni sulla Sampdoria e stavolta dopo ancor più sofferenza avrebbero invece ceduto. Chiusi i novanta minuti regolamentari sull’1-1, il Nacional strappò infatti il definitivo 2-2 a tempo praticamente scaduto dei supplementari e poi ai rigori ci fu bisogno di 20 conclusioni per incoronare il campione del mondo col risultato complessivo di 9-8. Sarebbe stato quello l’ultimo trionfo del Nacional in questo ambito, anche come conseguenza di nessun’altra conquista della Libertadores, ma il mantenimento del record del 100% di successi nelle finali della competizione che incorona il campione planetario è molto più che una consolazione anche a trent’anni di distanza.
La gloria comunque non sarebbe finita lì. La conquista della Libertadores dava infatti diritto al Bolso di giocare anche la Recopa Sudamericana 1989. Alla sua prima edizione, l’equivalente della Supercoppa europea vide affrontarsi i campioni appunto della maggiore competizione continentale per club nel frattempo passati nelle mani di Héctor Núñez e quelli della seconda per importanza che all’epoca era la Supercopa ed era stata vinta dagli argentini del Racing. Andava quindi in scena una classicissima sudamericana, coi due club che si erano già disputati altre 6 finali dal 1913 in poi con un bilancio fino ad allora di 3 vittorie a testa e risultando l’ultimo scontro quello epico andato allo spareggio della finale di Libertadores 1967 andato però agli argentini quindi da vendicare. E così fu, al termine di una definizione al solito combattuta e polemica: 1-0 all’andata a Montevideo e 0-0 a Buenos Aires sul campo del Vélez con un rigore sbagliato dai padroni di casa e un altro clamorosamente negatogli. E vendetta fu.
L’ultima soddisfazione internazionale di questa striscia sarebbe quindi arrivata superando l’Olimpia dell’Honduras nell’Interamericana. Superati i campioni continentali UEFA, toccava quindi misurarsi con quelli di CONCACAF. Dopo l’1-1 esterno all’andata, al Centenario di Montevideo invece grazie anche a un gol del futuro idolo Fonseca che aveva da poco debuttato finì 4-0 con un poker sul campo che evocativamente suggellò quello dei trofei.
In questo modo il Nacional rimpinguò sensibilmente il proprio palmarès raggiungendo quota 21 titoli internazionali che fino al 2016 l’avrebbero mantenuto il club più titolato al mondo. Fu una fantastica raffica di affermazioni che segnò però anche la conclusione delle sue fortune fuori dall’Uruguay, con una sola altra finale disputata successivamente e persa: quella di Supercopa Sudamericana sempre nel 1990.