Il Mago, idolo del Nacional, è il giocatore uruguaiano più vincente di tutti i tempi e per molti fu anche il più forte al mondo.
Venti titoli, ha conquistato Héctor Scarone nella sua carriera durata ventidue anni fra Uruguay ed Europa. Di questi, 13 col Nacional e 7 con la Celeste.
Nel dettaglio, per dare idea della portata del palmarès, si tratta di 8 campionati, 5 coppe internazionali per club (3 Aldao e 2 Honor Cousenier), 4 Coppe América, 2 Olimpiadi e un Mondiale – ma in considerazione dell’equiparazione fatta dalla FIFA dei Giochi del 1924 e ’28 a una kermesse iridata i due allori olimpici sono da considerare mondiali per un totale di tre.
Va poi osservato che le competizioni internazionali per club che ha vinto, le più prestigiose nell’era pre Libertadores, erano riservate ai campioni di quelle omonime locali organizzate in Uruguay e Argentina. Dato che il Nacional in quegli anni vinse anche altri 4 tornei ufficiali vale a dire 3 Coppe León Peyrou e un Campeonato Ingeniero José Serrato, di allori quindi non sarebbe sbagliato attribuirgliene ventinove.
Cresciuto nelle giovanili tricolor, nel 1916 a soli 17 anni debuttò in prima squadra e lo fece subito alla sua maniera. Segnò infatti prima entrambi i gol del 2-0 in un’amichevole col River Plate di Montevideo e poi l’unico nell’1-1 di campionato avversario l’Universal. Era solo l’inizio di un’avventura che lo portò a realizzare per il Nacional 289 reti in 369 partite.
Altrettanto micidiale fu in Nazionale, questo nonostante non fosse una prima punta. Dal suo debutto nel 1917, in tredici anni ha segnato in partite ufficiali 31 reti che sono state record fino al 2011, ma calcolando anche le amichevoli il totale è di 52. Con la Celeste oltretutto in tornei FIFA segnò 9 reti nel corso di 11 partite, tutte vinte.
Dedicò praticamente tutta la sua vita al Nacional, con due sole parentesi. Dopo la trionfale tournée europea del Tricolor nel 1925 su di lui mise gli occhi il Barcellona, che però riuscì a fargli giocare solo amichevoli perché se avesse firmato da professionista si sarebbe perso le Olimpiadi di Amsterdam. Già passati i trenta, fece poi anche un’esperienza in Italia: una stagione con l’Inter, ai tempi Ambrosiana, e due col Palermo subito prima di rientrare a Montevideo per vestire di nuovo albo.
Infine allenò. Chiaramente ha seduto sulla panchina del ‘suo’ Nacional, e poi dopo essere stato in Colombia ed Ecuador anche su quella del Real Madrid.
Ne ha fatta tanta, di strada, Rasquetita. Partito col soprannome che gli avevano dato in quanto fratello minore di Carlos, detto appunto Rasqueta e con cui giocò fino a metà anni Venti, si sarebbe presto trasformato nel Mago. Per molti fu il più grande al mondo, e così la pensavano anche Giuseppe Meazza, a sua volta forse il più grande campione italiano di sempre, che con lui giocò in nerazzurro, e Ricardo Zamora che da miglior portiere spagnolo di tutti i tempi di attaccanti se ne intendeva.
È scomparso nel 1967 e una tribuna del Gran Parque Central porta il suo nome.